
Per evidenti questioni di spazio e per non tediare eccessivamente il lettore, riporto qui di seguito solo alcune delle tante perplessità che gli addetti ai lavori nutrono nei confronti della nuova legge. Mi perdonerete, quindi, se non ho trattato, in maniera completa, tutti gli argomenti che l’argomento meritava di analizzare.
In seguito ai gravi accadimenti che hanno interessato il territorio dell’Unione, la Commissione Europea ha proposto - già all’inizio del 2021 - una serie di azioni per rafforzare la capacità di resilienza dei paesi membri ad affrontare gli effetti economicamente devastanti degli eventi catastrofali, sottolineando come la copertura prestata dalle assicurazioni fosse inferiore al 35% del totale dei danni complessivamente subiti. Per tale motivo, la Commissione incoraggiava i paesi membri che non ne fossero provvisti a promuovere schemi assicurativi nazionali, potenziando il lavoro di monitoraggio e coordinamento nella gestione dei relativi rischi.
Da tale iniziativa è scaturita la legge n. 213 del 30 dicembre 2023, che ha introdotto l’obbligo di copertura assicurativa dei fenomeni naturali catastrofali per le aziende italiane, un obbligo che è stato definito dal decreto attuativo n. 18 del 30 gennaio 2025.
La legge ha quindi introdotto l’assicurazione obbligatoria degli eventi catastrofali - come di seguito descritti - per tutte le imprese aventi sede legale in Italia e per quelle con sede legale all'estero, ma che possiedono una stabile organizzazione nel nostro paese.
Tutte le aziende iscritte nel Registro delle imprese, di cui all'articolo 2188 del codice civile, sono obbligate a contrarre tale polizza.
Per i singoli proprietari di beni e i privati in genere non è invece previsto alcun obbligo.
Chi volesse sapere se fosse o meno obbligato a contrarre la polizza, dovrà quindi consultare l’art. 2188 del Codice civile, che istituisce il Registro delle imprese e prevede una sezione ordinaria e due sezioni speciali. In quella ordinaria sono iscritti gli imprenditori commerciali, gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società, le società semplici, le società soggette alla legge italiana ex art. 25, legge n. 218 del 1995, i consorzi e le società consortili, gli enti pubblici economici e infine i cosiddetti Gruppi europei di interesse economico (GEIE).
Tuttavia, l’art. 1- comma 111 della legge 213/23 e l’art. 1, del decreto attuativo – prevedono che l’obbligo a contrarre polizza non si applicherà alle imprese di cui all'articolo 2135 del codice civile, cioè agli imprenditori agricoli.
Per essi, la legge 30 dicembre 2021, n. 234 ha costituito il Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole, causati da alluvione, gelo o brina e siccità. Pertanto, gli eventi catastrofali che dovessero colpire queste aziende verranno coperti diversamente.
C’è però chi sostiene che gli studi professionali siano associazioni di professionisti prive di personalità giuridica autonoma e che gli stessi non dovrebbero rientrare nell’obbligo. D'altro canto, gli stessi non sono imprese produttive e non rappresenterebbero l’oggetto principale della legge. Per alcuni commentatori, infine, se iscritti alla Camera di Commercio, anche tutti i professionisti dovranno assicurarsi. Insomma, qualche perplessità permane, ma nel dubbio considereremo anche gli studi professionali come obbligati.
Per quanto attiene alle partite IVA, sembra di poter affermare che le società individuali siano escluse dall’obbligo. Infatti, l’art. 2222 del codice civile - che definisce il contratto d’opera prestato dalla maggior parte delle società individuali a partita IVA (costituite per lo più da liberi professionisti), sembra essere tra i pochi non compresi nell’articolo 2188 indicato nella legge.
Concludendo, tutte le aziende che rientrano nel registro delle Imprese di cui all’articolo 2188, sono soggette all’obbligo, a meno che la legge non preveda una specifica esclusione, come avviene per gli imprenditori agricoli (esautorati, in quanto assicurati dall’apposito Fondo), i privati e le imprese individuali (perché assimilabili ai privati).
Qualora un’impresa non volesse acquistare la polizza obbligatoria, la stessa subirà delle sanzioni di tipo indiretto. Essa, cioè, perderà l’accesso a qualsiasi contributo o agevolazione di carattere finanziario da parte dello Stato, inclusi quelli eventualmente previsti in occasione di eventi calamitosi e catastrofali ed importanti sovvenzioni come la cassa integrazione. Ciò dovrebbe agire da deterrente per chi non volesse sottostare alle indicazioni della legge.
L’articolo 1 del decreto ci spiega che l’obbligo di assicurazione riguarda le immobilizzazioni di cui all'articolo 2424, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, a qualsiasi titolo impiegate per l'esercizio dell’attività dell’impresa.
L’articolo descrive lo stato patrimoniale delle aziende e, nello specifico, indica come immobilizzazioni materiali: terreni e fabbricati, impianti e macchinario, attrezzature industriali e commerciali.
Crediamo che la scelta di comprendere tra i beni da assicurare i terreni dipenda dal fatto che l’articolo 2424 li include tra le immobilizzazioni delle aziende.
Come sappiamo, infatti, i terreni non sono mai stati coperti nelle clausole catastrofali delle polizze di assicurazione property: ci troviamo quindi di fronte ad una vera novità.
Tali terreni andranno assicurati a primo rischio assoluto e bisognerà quindi inserire opportune definizioni in polizza. Ania chiarisce che per questa partita la somma assicurata è rappresentata dai costi necessari per sgomberare, bonificare e rispristinare il terreno in una condizione pari a quella precedente all’evento assicurato (sempre a primo rischio assoluto, ovviamente).
Per quanto attiene alle merci e ai danni indiretti e consequenziali, non è previsto alcun obbligo di copertura.
La legge riporta le definizioni relative a fabbricati, impianti e macchinari e attrezzature industriali e commerciali, ma bisogna fare attenzione al fatto che esse non corrispondono a quelle utilizzate nelle più comuni polizze di assicurazione.
Gli “impianti”, ad esempio, li troviamo nella definizione dei fabbricati, come impianti fissi (il che è abbastanza regolare), ma poi ce li ritroviamo anche nella definizione di macchinari, impianti e attrezzature.
A questo punto, non vorrei trovarmi nei panni di un perito che dovesse andare a valutare un eventuale sinistro, magari in una grande azienda. Come farà a stabilire il valore effettivo di ciascuna partita, per controllare che non si debba applicare la regola proporzionale, se si troverà somme relative agli impianti in tutte le partite assicurate?
È probabile che – per non fare confusione – si debbano inserire in polizza clausole come la “compensazione tra partite”, che – come sappiamo – permette di non applicare la proporzionale separatamente per ogni partita. Ove una dovesse risultare più “coperta”, i capitali della stessa andrebbero a compensare eventuali altre partite insufficientemente assicurate.
Una questione assai dibattuta riguarda il fatto che debbano essere assicurati i beni di proprietà delle aziende. Ciò sarebbe in linea con il richiamo all’articolo 2424, che riguarda le immobilizzazioni dell’impresa.
Tuttavia, è previsto che ciascuna azienda assicuri tutti i beni che le servono per condurre la propria attività, a meno che gli stessi non risultino coperti diversamente. Ciò comprenderebbe anche i beni che appartengono ad altri soggetti, come quelli in affitto temporaneo, usufrutto e leasing.
Ma chi si occupa di assicurazioni sa bene che assicurare beni altrui, in ambito property, può essere una cosa complessa, perché al momento della liquidazione bisogna sempre tener presente chi sia il reale proprietario del bene. Per contro, chi ha versato il premio di polizza è l’utilizzatore. C’è infatti chi ha notato che l’articolo 1904 del Codice Civile prevede la nullità delle polizze che assicurino beni per i quali non vi sia un reale interesse da parte dell’assicurato: una cosa è pagare un premio per un bene che possiedo, un’altra è accollarmi tale spesa per un bene che non mi appartiene.
Se manca l’interesse nei confronti del bene, secondo la legge, l’assicurato non ha diritto al ristoro.
Chi subisce un sinistro di tipo catastrofale, inoltre, potrebbe non avere più alcun interesse a ricevere l’indennizzo per un bene che non potrà più utilizzare, perché potrebbe non possedere più l’azienda nella quale collocarlo.
La legge prevede che macchinari e attrezzature (spesso concessi in leasing nelle industrie), vengano risarciti in base al loro valore di rimpiazzo. Ma che me ne faccio di un bene che non posso più utilizzare? La società di leasing che lo possiede avrebbe interesse a questo tipo di risarcimento, ma l’azienda presso il quale era collocato potrebbe non averlo.
E come ci mettiamo in questo caso? La presenza di beni in leasing nelle aziende di tutte le dimensioni è cosa assai normale: chi li deve coprire? La società di leasing che li possiede materialmente o quella che ne usufruisce? E, al momento della liquidazione, ci saranno questioni, visto che il proprietario è una società diversa dall’assicurato?
Per altro, nel nostro paese non ci facciamo mancare niente ed è purtroppo facile subire anche questi eventi. E allora? Perché le aziende abbiano una copertura completa, queste garanzie dovranno essere coperte dal mercato in differenza di condizioni e limiti (DIC/DIL), ma è possibile che si debbano sommare capre e cavoli, perché le definizioni non corrispondono.
E poi ci troveremo alcuni cespiti assicurati in base alle condizioni usuali di mercato - che sono assai più ampie - ed altri assicurati sulla base delle indicazioni della legge, che riguardano solo gli eventi indicati.
E non dimentichiamoci che queste polizze “extra” dovranno coprire i beni che restano esclusi dalla garanzia obbligatoria: le merci e i danni indiretti e consequenziali.
Spero di sbagliarmi, ma prevedo un po' di confusione.
La definizione degli eventi da coprire sembra essere abbastanza in linea con le usuali clausole assicurative, anche se in forma più limitata: è presente infatti il limite di 72 ore per attribuire un evento calamitoso a questa o quella circostanza. Alcuni commentatori considerano questa classica clausola assicurativa dei 3 giorni come una sorta di limitazione, ma non lo è affatto: un evento catastrofale può verificarsi a più riprese.
Quando si verificò il terremoto che colpì la zona di Modena nel 2012, si verificarono due forti scosse, il 20 e il 29 maggio. Si trattò quindi di due diversi episodi, cui applicare due diversi limiti di copertura e due franchigie. Il limite di 3 giorni serve essenzialmente a delimitare gli eventi, allo scopo di allocare limiti e franchigie correttamente.
Come potrete immaginare, analoghe questioni si incontrano anche per eventi come le alluvioni.
Qualche problema in più potremmo averlo perché, per quanto attiene alla garanzia “sisma”, il decreto richiede che i beni assicurati si trovino nell’area colpita individuata dalle Autorità, così come rilevata dalla Rete sismica nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Questa indicazione non è prevista dalle usuali clausole “terremoto”, quindi vedremo come verranno trattati i primi casi che si proporranno.
Viene comunque da chiedersi per quale ragione non si siano voluti utilizzare i testi ed il glossario adottati da sempre nelle polizze di assicurazione, da parte di chi ha sempre ricoperto la funzione di assicuratore.
Se facciamo confusione con le definizioni e mettiamo le aziende nella necessità di acquistare più polizze che devono lavorare nello stesso momento (quella obbligatoria e quella che dovrà coprire merci, danni indiretti e le altre garanzie catastrofali che il decreto non prevede), mettiamo gli addetti ai lavori in serie difficoltà. E diamo un pessimo servizio alle aziende che devono assicurarsi, anche perché sono comunque tante quelle che si sono dotate della copertura per gli eventi catastrofali, prima che la disposizione fosse emanata.
Come abbiamo visto, se un’azienda che è soggetta all’obbligo di copertura non si assicura, subirà delle ritorsioni di tipo indiretto: può farlo, ma non riceverà più alcun aiuto dallo Stato. Il che rappresenta un deterrente che molti commentatori stanno sottovalutando.
Le compagnie assicuratrici che invece rifiutassero di prestare questa copertura ai clienti che glielo chiedessero, subiranno una ritorsione diretta e piuttosto dura: una multa variabile da 100 mila euro a mezzo milione di euro.
Per non incappare in tale sanzione, la legge prevede che tutte le compagnie che sono autorizzate ad esercitare il ramo 8 – incendio ed elementi naturali – siano obbligate ad accettare la copertura indicata, nei termini previsti dal decreto. Se un’azienda te lo chiede, quindi, devi accettare di prestare la copertura, entro i limiti previsti dalla legge.
E quali sono questi limiti?
Il decreto stabilisce una prima fascia fino a 1 milione di euro di capitali complessivamente assicurati, una seconda, da 1 a 30 milioni di euro, ed una terza, oltre i 30 milioni di euro di capitali assicurati.
Premesso che si fa un po' di confusione tra capitali e massimali assicurati, è tuttavia previsto che per la prima fascia non si applichino limiti di risarcimento o franchigie.
Nella seconda fascia le polizze possono prevedere uno scoperto non superiore al 15% del danno indennizzabile ed un limite di indennizzo non inferiore al 70% della somma assicurata.
Per la fascia superiore a 30 milioni di capitali assicurati e per le “grandi imprese” è previsto che le compagnie pattuiscano liberamente con le aziende assicurate limiti di indennizzo ed eventuali scoperti o franchigie. La scelta del limite indennizzabile dovrà comunque essere congrua, rispetto ai valori realmente in ballo.
Anche in questo caso, troviamo qualche piccola sbavatura nel confondere massimali e limiti di indennizzo, comunque, il decreto introduce la nozione di “grandi imprese”, intendendosi per tali le aziende con un fatturato maggiore di 150 milioni di euro e un numero di dipendenti pari o superiore a 500. Per le grandi società (ad esempio, per le imprese multinazionali) sarà quindi possibile continuare ad assicurare i rischi catastrofali a condizioni da pattuire, tenendo però conto che tale libertà riguarda esclusivamente limiti e franchigie o scoperti: tutto il resto dovrà seguire le indicazioni di legge.
Si prevede quindi che vengano emesse nuove polizze, limitate alle condizioni previste dal decreto, che lavoreranno in DIC/DIL sulle altre coperture già presenti, con le dinamiche e problematiche che abbiamo già evidenziato.
Per chi avesse un’idea di come una compagnia di assicurazione faccia fronte alle possibili perdite derivanti dai rischi assicurati, si porrà il quesito: come faranno gli assicuratori a sostenere i danni causati dagli accadimenti oggetto della copertura?
Nel 2023 l'industria assicurativa italiana ha sostenuto il peso di ben 6 miliardi di euro di danni assicurati per i soli rischi catastrofali: un livello considerato senza precedenti.
Ma a quel tempo non esisteva l’obbligo di assicurarsi e possiamo immaginare che una serie di eventi come quelli che hanno sconvolto il nostro territorio condurrebbero ora il nostro comparto a livelli assai preoccupanti, per quanto attiene alla sostenibilità dei portafogli sottoscritti.
Insomma, parliamo di un grave rischio per il margine di solvibilità delle compagnie che operano nel nostro mercato.
Viene dunque incontro agli assicuratori un aiuto dello Stato, attraverso uno schema sottoscritto dalla compagnia SACE che, come sappiamo, è il gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e specializzato nel sostegno alle imprese e al tessuto economico nazionale.
La legge 213/2023 stabilisce che le compagnie che lo volessero possano aderire ad uno schema di riassicurazione finanziato dallo Stato, attraverso la SACE. Tale schema prevede una copertura fino al 50% dei rischi ceduti dalle compagnie, ma entro e non oltre l’importo di 5 miliardi di euro annui, per il triennio compreso tra il 2024 e il 2026.
Questo ammontare si dovrebbe rinnovare nel triennio successivo, tenendo però conto che i capitali che dovessero eventualmente avanzare dalla gestione del triennio corrente si sommeranno ai 5 miliardi di euro previsti per ciascun anno, nel triennio a venire.
La legge prevede un allegato che riporta le condizioni della riassicurazione così prestata.
Oltre ad essere garantiti dallo Stato, i capitali previsti saranno finanziati dai premi di riassicurazione versati alla SACE attraverso questo schema. Le compagnie assicurative potranno quindi accedere a tale finanziamento, oltre che godere del supporto dei propri trattati di riassicurazione, che resteranno comunque necessari a garantire la copertura di tutto ciò che l’assicurazione obbligatoria degli eventi catastrofali non prevede, ovvero la copertura delle merci, dei danni indiretti e consequenziali e di tutti gli altri rischi catastrofali non coperti dalla legge.
Anche qui, da ex tecnico di una compagnia riassicurativa, vedo qualche problema in sede di indennizzo, dal momento che la lingua parlata nei trattati di riassicurazione diverge da quella adottata – per definizioni etc. – dalla legge e dal decreto in parola.
In seguito ai gravi accadimenti che hanno interessato il territorio dell’Unione, la Commissione Europea ha proposto - già all’inizio del 2021 - una serie di azioni per rafforzare la capacità di resilienza dei paesi membri ad affrontare gli effetti economicamente devastanti degli eventi catastrofali, sottolineando come la copertura prestata dalle assicurazioni fosse inferiore al 35% del totale dei danni complessivamente subiti. Per tale motivo, la Commissione incoraggiava i paesi membri che non ne fossero provvisti a promuovere schemi assicurativi nazionali, potenziando il lavoro di monitoraggio e coordinamento nella gestione dei relativi rischi.
Da tale iniziativa è scaturita la legge n. 213 del 30 dicembre 2023, che ha introdotto l’obbligo di copertura assicurativa dei fenomeni naturali catastrofali per le aziende italiane, un obbligo che è stato definito dal decreto attuativo n. 18 del 30 gennaio 2025.
Chi deve contrarre la polizza
La legge ha quindi introdotto l’assicurazione obbligatoria degli eventi catastrofali - come di seguito descritti - per tutte le imprese aventi sede legale in Italia e per quelle con sede legale all'estero, ma che possiedono una stabile organizzazione nel nostro paese.
Tutte le aziende iscritte nel Registro delle imprese, di cui all'articolo 2188 del codice civile, sono obbligate a contrarre tale polizza.
Per i singoli proprietari di beni e i privati in genere non è invece previsto alcun obbligo.
Chi volesse sapere se fosse o meno obbligato a contrarre la polizza, dovrà quindi consultare l’art. 2188 del Codice civile, che istituisce il Registro delle imprese e prevede una sezione ordinaria e due sezioni speciali. In quella ordinaria sono iscritti gli imprenditori commerciali, gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società, le società semplici, le società soggette alla legge italiana ex art. 25, legge n. 218 del 1995, i consorzi e le società consortili, gli enti pubblici economici e infine i cosiddetti Gruppi europei di interesse economico (GEIE).
Tuttavia, l’art. 1- comma 111 della legge 213/23 e l’art. 1, del decreto attuativo – prevedono che l’obbligo a contrarre polizza non si applicherà alle imprese di cui all'articolo 2135 del codice civile, cioè agli imprenditori agricoli.
Per essi, la legge 30 dicembre 2021, n. 234 ha costituito il Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole, causati da alluvione, gelo o brina e siccità. Pertanto, gli eventi catastrofali che dovessero colpire queste aziende verranno coperti diversamente.
E i professionisti? E le cosiddette Partite IVA?
Una sezione speciale del registro delle imprese riguarda le società fra professionisti, come ad esempio le società o gli studi di avvocati. Queste società dovrebbero quindi essere comprese nell’obbligo, purché in possesso dei beni che la legge prevede di assicurare.C’è però chi sostiene che gli studi professionali siano associazioni di professionisti prive di personalità giuridica autonoma e che gli stessi non dovrebbero rientrare nell’obbligo. D'altro canto, gli stessi non sono imprese produttive e non rappresenterebbero l’oggetto principale della legge. Per alcuni commentatori, infine, se iscritti alla Camera di Commercio, anche tutti i professionisti dovranno assicurarsi. Insomma, qualche perplessità permane, ma nel dubbio considereremo anche gli studi professionali come obbligati.
Per quanto attiene alle partite IVA, sembra di poter affermare che le società individuali siano escluse dall’obbligo. Infatti, l’art. 2222 del codice civile - che definisce il contratto d’opera prestato dalla maggior parte delle società individuali a partita IVA (costituite per lo più da liberi professionisti), sembra essere tra i pochi non compresi nell’articolo 2188 indicato nella legge.
Concludendo, tutte le aziende che rientrano nel registro delle Imprese di cui all’articolo 2188, sono soggette all’obbligo, a meno che la legge non preveda una specifica esclusione, come avviene per gli imprenditori agricoli (esautorati, in quanto assicurati dall’apposito Fondo), i privati e le imprese individuali (perché assimilabili ai privati).
Qualora un’impresa non volesse acquistare la polizza obbligatoria, la stessa subirà delle sanzioni di tipo indiretto. Essa, cioè, perderà l’accesso a qualsiasi contributo o agevolazione di carattere finanziario da parte dello Stato, inclusi quelli eventualmente previsti in occasione di eventi calamitosi e catastrofali ed importanti sovvenzioni come la cassa integrazione. Ciò dovrebbe agire da deterrente per chi non volesse sottostare alle indicazioni della legge.
Oggetto della copertura
L’articolo 1 del decreto ci spiega che l’obbligo di assicurazione riguarda le immobilizzazioni di cui all'articolo 2424, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, a qualsiasi titolo impiegate per l'esercizio dell’attività dell’impresa.
L’articolo descrive lo stato patrimoniale delle aziende e, nello specifico, indica come immobilizzazioni materiali: terreni e fabbricati, impianti e macchinario, attrezzature industriali e commerciali.
Crediamo che la scelta di comprendere tra i beni da assicurare i terreni dipenda dal fatto che l’articolo 2424 li include tra le immobilizzazioni delle aziende.
Come sappiamo, infatti, i terreni non sono mai stati coperti nelle clausole catastrofali delle polizze di assicurazione property: ci troviamo quindi di fronte ad una vera novità.
Tali terreni andranno assicurati a primo rischio assoluto e bisognerà quindi inserire opportune definizioni in polizza. Ania chiarisce che per questa partita la somma assicurata è rappresentata dai costi necessari per sgomberare, bonificare e rispristinare il terreno in una condizione pari a quella precedente all’evento assicurato (sempre a primo rischio assoluto, ovviamente).
Per quanto attiene alle merci e ai danni indiretti e consequenziali, non è previsto alcun obbligo di copertura.
La legge riporta le definizioni relative a fabbricati, impianti e macchinari e attrezzature industriali e commerciali, ma bisogna fare attenzione al fatto che esse non corrispondono a quelle utilizzate nelle più comuni polizze di assicurazione.
Gli “impianti”, ad esempio, li troviamo nella definizione dei fabbricati, come impianti fissi (il che è abbastanza regolare), ma poi ce li ritroviamo anche nella definizione di macchinari, impianti e attrezzature.
A questo punto, non vorrei trovarmi nei panni di un perito che dovesse andare a valutare un eventuale sinistro, magari in una grande azienda. Come farà a stabilire il valore effettivo di ciascuna partita, per controllare che non si debba applicare la regola proporzionale, se si troverà somme relative agli impianti in tutte le partite assicurate?
È probabile che – per non fare confusione – si debbano inserire in polizza clausole come la “compensazione tra partite”, che – come sappiamo – permette di non applicare la proporzionale separatamente per ogni partita. Ove una dovesse risultare più “coperta”, i capitali della stessa andrebbero a compensare eventuali altre partite insufficientemente assicurate.
Modalità di indennizzo
Una questione assai dibattuta riguarda il fatto che debbano essere assicurati i beni di proprietà delle aziende. Ciò sarebbe in linea con il richiamo all’articolo 2424, che riguarda le immobilizzazioni dell’impresa.
Tuttavia, è previsto che ciascuna azienda assicuri tutti i beni che le servono per condurre la propria attività, a meno che gli stessi non risultino coperti diversamente. Ciò comprenderebbe anche i beni che appartengono ad altri soggetti, come quelli in affitto temporaneo, usufrutto e leasing.
Ma chi si occupa di assicurazioni sa bene che assicurare beni altrui, in ambito property, può essere una cosa complessa, perché al momento della liquidazione bisogna sempre tener presente chi sia il reale proprietario del bene. Per contro, chi ha versato il premio di polizza è l’utilizzatore. C’è infatti chi ha notato che l’articolo 1904 del Codice Civile prevede la nullità delle polizze che assicurino beni per i quali non vi sia un reale interesse da parte dell’assicurato: una cosa è pagare un premio per un bene che possiedo, un’altra è accollarmi tale spesa per un bene che non mi appartiene.
Se manca l’interesse nei confronti del bene, secondo la legge, l’assicurato non ha diritto al ristoro.
Chi subisce un sinistro di tipo catastrofale, inoltre, potrebbe non avere più alcun interesse a ricevere l’indennizzo per un bene che non potrà più utilizzare, perché potrebbe non possedere più l’azienda nella quale collocarlo.
La legge prevede che macchinari e attrezzature (spesso concessi in leasing nelle industrie), vengano risarciti in base al loro valore di rimpiazzo. Ma che me ne faccio di un bene che non posso più utilizzare? La società di leasing che lo possiede avrebbe interesse a questo tipo di risarcimento, ma l’azienda presso il quale era collocato potrebbe non averlo.
E come ci mettiamo in questo caso? La presenza di beni in leasing nelle aziende di tutte le dimensioni è cosa assai normale: chi li deve coprire? La società di leasing che li possiede materialmente o quella che ne usufruisce? E, al momento della liquidazione, ci saranno questioni, visto che il proprietario è una società diversa dall’assicurato?
Garanzie coperte
Anche le garanzie coperte non collimano con quelle che vengono generalmente prestate dagli assicuratori nelle clausole per i rischi catastrofali, perché la legge prevede la copertura dei seguenti eventi:- alluvione, inondazione ed esondazione, intesi come fuoriuscita d'acqua, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti anche ad alta densità, dalle usuali sponde di corsi d'acqua, di bacini naturali o artificiali, dagli argini di corsi naturali e artificiali, da laghi e bacini, anche a carattere temporaneo, da reti di drenaggio artificiale, derivanti da eventi atmosferici naturali.
- sisma, inteso come sommovimento brusco e repentino della crosta terrestre dovuto a cause endogene, purché' i beni assicurati si trovino in un'area individuata tra quelle interessate dal sisma nei provvedimenti assunti dalle autorità competenti, localizzati dalla Rete sismica nazionale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) in relazione all'epicentro del sisma.
- frana, intesa come movimento, scivolamento o distacco rapido di roccia, detrito o terra lungo un versante o un intero rilievo sotto l'azione della gravità, scoscendimento di terre e rocce anche non derivate da infiltrazioni d'acqua.
Per altro, nel nostro paese non ci facciamo mancare niente ed è purtroppo facile subire anche questi eventi. E allora? Perché le aziende abbiano una copertura completa, queste garanzie dovranno essere coperte dal mercato in differenza di condizioni e limiti (DIC/DIL), ma è possibile che si debbano sommare capre e cavoli, perché le definizioni non corrispondono.
E poi ci troveremo alcuni cespiti assicurati in base alle condizioni usuali di mercato - che sono assai più ampie - ed altri assicurati sulla base delle indicazioni della legge, che riguardano solo gli eventi indicati.
E non dimentichiamoci che queste polizze “extra” dovranno coprire i beni che restano esclusi dalla garanzia obbligatoria: le merci e i danni indiretti e consequenziali.
Spero di sbagliarmi, ma prevedo un po' di confusione.
La definizione degli eventi da coprire sembra essere abbastanza in linea con le usuali clausole assicurative, anche se in forma più limitata: è presente infatti il limite di 72 ore per attribuire un evento calamitoso a questa o quella circostanza. Alcuni commentatori considerano questa classica clausola assicurativa dei 3 giorni come una sorta di limitazione, ma non lo è affatto: un evento catastrofale può verificarsi a più riprese.
Quando si verificò il terremoto che colpì la zona di Modena nel 2012, si verificarono due forti scosse, il 20 e il 29 maggio. Si trattò quindi di due diversi episodi, cui applicare due diversi limiti di copertura e due franchigie. Il limite di 3 giorni serve essenzialmente a delimitare gli eventi, allo scopo di allocare limiti e franchigie correttamente.
Come potrete immaginare, analoghe questioni si incontrano anche per eventi come le alluvioni.
Qualche problema in più potremmo averlo perché, per quanto attiene alla garanzia “sisma”, il decreto richiede che i beni assicurati si trovino nell’area colpita individuata dalle Autorità, così come rilevata dalla Rete sismica nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Questa indicazione non è prevista dalle usuali clausole “terremoto”, quindi vedremo come verranno trattati i primi casi che si proporranno.
Viene comunque da chiedersi per quale ragione non si siano voluti utilizzare i testi ed il glossario adottati da sempre nelle polizze di assicurazione, da parte di chi ha sempre ricoperto la funzione di assicuratore.
Se facciamo confusione con le definizioni e mettiamo le aziende nella necessità di acquistare più polizze che devono lavorare nello stesso momento (quella obbligatoria e quella che dovrà coprire merci, danni indiretti e le altre garanzie catastrofali che il decreto non prevede), mettiamo gli addetti ai lavori in serie difficoltà. E diamo un pessimo servizio alle aziende che devono assicurarsi, anche perché sono comunque tante quelle che si sono dotate della copertura per gli eventi catastrofali, prima che la disposizione fosse emanata.
Obbligo a contrarre per gli assicuratori
Come abbiamo visto, se un’azienda che è soggetta all’obbligo di copertura non si assicura, subirà delle ritorsioni di tipo indiretto: può farlo, ma non riceverà più alcun aiuto dallo Stato. Il che rappresenta un deterrente che molti commentatori stanno sottovalutando.
Le compagnie assicuratrici che invece rifiutassero di prestare questa copertura ai clienti che glielo chiedessero, subiranno una ritorsione diretta e piuttosto dura: una multa variabile da 100 mila euro a mezzo milione di euro.
Per non incappare in tale sanzione, la legge prevede che tutte le compagnie che sono autorizzate ad esercitare il ramo 8 – incendio ed elementi naturali – siano obbligate ad accettare la copertura indicata, nei termini previsti dal decreto. Se un’azienda te lo chiede, quindi, devi accettare di prestare la copertura, entro i limiti previsti dalla legge.
E quali sono questi limiti?
Il decreto stabilisce una prima fascia fino a 1 milione di euro di capitali complessivamente assicurati, una seconda, da 1 a 30 milioni di euro, ed una terza, oltre i 30 milioni di euro di capitali assicurati.
Premesso che si fa un po' di confusione tra capitali e massimali assicurati, è tuttavia previsto che per la prima fascia non si applichino limiti di risarcimento o franchigie.
Nella seconda fascia le polizze possono prevedere uno scoperto non superiore al 15% del danno indennizzabile ed un limite di indennizzo non inferiore al 70% della somma assicurata.
Per la fascia superiore a 30 milioni di capitali assicurati e per le “grandi imprese” è previsto che le compagnie pattuiscano liberamente con le aziende assicurate limiti di indennizzo ed eventuali scoperti o franchigie. La scelta del limite indennizzabile dovrà comunque essere congrua, rispetto ai valori realmente in ballo.
Anche in questo caso, troviamo qualche piccola sbavatura nel confondere massimali e limiti di indennizzo, comunque, il decreto introduce la nozione di “grandi imprese”, intendendosi per tali le aziende con un fatturato maggiore di 150 milioni di euro e un numero di dipendenti pari o superiore a 500. Per le grandi società (ad esempio, per le imprese multinazionali) sarà quindi possibile continuare ad assicurare i rischi catastrofali a condizioni da pattuire, tenendo però conto che tale libertà riguarda esclusivamente limiti e franchigie o scoperti: tutto il resto dovrà seguire le indicazioni di legge.
Si prevede quindi che vengano emesse nuove polizze, limitate alle condizioni previste dal decreto, che lavoreranno in DIC/DIL sulle altre coperture già presenti, con le dinamiche e problematiche che abbiamo già evidenziato.
La questione della sostenibilità tecnica e lo schema SACE
Per chi avesse un’idea di come una compagnia di assicurazione faccia fronte alle possibili perdite derivanti dai rischi assicurati, si porrà il quesito: come faranno gli assicuratori a sostenere i danni causati dagli accadimenti oggetto della copertura?
Nel 2023 l'industria assicurativa italiana ha sostenuto il peso di ben 6 miliardi di euro di danni assicurati per i soli rischi catastrofali: un livello considerato senza precedenti.
Ma a quel tempo non esisteva l’obbligo di assicurarsi e possiamo immaginare che una serie di eventi come quelli che hanno sconvolto il nostro territorio condurrebbero ora il nostro comparto a livelli assai preoccupanti, per quanto attiene alla sostenibilità dei portafogli sottoscritti.
Insomma, parliamo di un grave rischio per il margine di solvibilità delle compagnie che operano nel nostro mercato.
Viene dunque incontro agli assicuratori un aiuto dello Stato, attraverso uno schema sottoscritto dalla compagnia SACE che, come sappiamo, è il gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e specializzato nel sostegno alle imprese e al tessuto economico nazionale.
La legge 213/2023 stabilisce che le compagnie che lo volessero possano aderire ad uno schema di riassicurazione finanziato dallo Stato, attraverso la SACE. Tale schema prevede una copertura fino al 50% dei rischi ceduti dalle compagnie, ma entro e non oltre l’importo di 5 miliardi di euro annui, per il triennio compreso tra il 2024 e il 2026.
Questo ammontare si dovrebbe rinnovare nel triennio successivo, tenendo però conto che i capitali che dovessero eventualmente avanzare dalla gestione del triennio corrente si sommeranno ai 5 miliardi di euro previsti per ciascun anno, nel triennio a venire.
La legge prevede un allegato che riporta le condizioni della riassicurazione così prestata.
Oltre ad essere garantiti dallo Stato, i capitali previsti saranno finanziati dai premi di riassicurazione versati alla SACE attraverso questo schema. Le compagnie assicurative potranno quindi accedere a tale finanziamento, oltre che godere del supporto dei propri trattati di riassicurazione, che resteranno comunque necessari a garantire la copertura di tutto ciò che l’assicurazione obbligatoria degli eventi catastrofali non prevede, ovvero la copertura delle merci, dei danni indiretti e consequenziali e di tutti gli altri rischi catastrofali non coperti dalla legge.
Anche qui, da ex tecnico di una compagnia riassicurativa, vedo qualche problema in sede di indennizzo, dal momento che la lingua parlata nei trattati di riassicurazione diverge da quella adottata – per definizioni etc. – dalla legge e dal decreto in parola.