Si parla spesso di malasanità e risarcimento danni.
In linea generale, i danni risarcibili sono classificati in due grandi categorie: i danni patrimoniali e i danni non patrimoniali.
Mentre i primi sono facilmente individuabili, come le spese mediche aggiuntive, i danni sul reddito o le conseguenze economiche derivanti da un errore medico, i secondi, come il dolore fisico e psicologico o la sofferenza morale, sono oggetto di maggiore ambiguità interpretativa.
Riconoscere l'importanza dei danni non patrimoniali, è essenziale per garantire giustizia alle vittime di malasanità. Questi danni, in quanto non direttamente quantificabili in termini economici, richiedono un’attenta valutazione per individuare il vero impatto dell’errore medico sulla vita di una persona e garantire una liquidazione del danno equa e proporzionale.
Definizione di Danno non patrimoniale
Il Danno non patrimoniale trova il suo fondamento nell’art. 2059 del codice civile e nell’interpretazione fornita dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n° 26972/2008 che definisce tale danno come “determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica”
Consiste in un danno, infatti, che ricade su un interesse della persona il cui valore monetario non è direttamente quantificabile ma che, allo stesso tempo, è costituzionalmente garantito come il diritto alla libertà, la salute, la privacy o la famiglia.
Il Danno non patrimoniale come categoria unitaria
Prima di tutto bisogna chiarire che la categoria del Danno Non Patrimoniale è unitaria e onnicomprensiva.
Le Sezioni Unite, infatti, nella sentenza n° 26972/2008 hanno accolto l’orientamento secondo cui “il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate.”
Esistono tuttavia delle categorie descrittive che pur rappresentando voci distinte e autonome consentono una maggiore comprensione della lesione subita dal soggetto coinvolto, come:
-
il danno biologico;
-
il danno morale;
-
il danno esistenziale.
Il Danno biologico
Per danno biologico si intende una lesione alla salute, intesa come bene costituzionalmente garantito (artt.2 e 32)
In base alla definizione fornita dall’art. 148 D. Lgs. n. 209/2005 per danno biologico si intende “La lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.
Una definizione ripresa anche dall’art. 138 del Codice delle Assicurazioni (D.lgs. 7 settembre 2015, n. 209) con l’obiettivo di fornire dei criteri guida per il risarcimento del danno biologico.
Il danno biologico comprende anche il danno psichico o psichiatrico. Quest’ultimo si riferisce all'alterazione dello stato psicologico di una persona in seguito a un episodio di malasanità subito sia dalla persona stessa, come vittima diretta, che da un proprio caro.
Un esempio è il paziente che a seguito di un errore medico, o diagnosi tardiva, perde una gamba. Il paziente subisce un danno alla salute e il danno viene liquidato con un importo prestabilito. Tuttavia alla perdita della gamba conseguono ulteriori danni, il soggetto, infatti, potrebbe perdere il lavoro e modificare il suo stile di vita subendo, quindi, un danno biologico.
In questo caso viene risarcito anche il lucro cessante e il risarcimento di questo tipo danno varia a seconda del reddito del soggetto, nonché in base al tipo di lavoro svolto.
Se il danneggiato, infatti, fosse un corridore con un reddito di 1 milione di euro l'anno, il risarcimento economico sarebbe elevatissimo, fino a vari milioni, in quanto il soggetto non potrebbe più correre.
Il Danno morale
Per danno morale si intende la sofferenza interiore riportata dal paziente o dai suoi familiari conseguenti a un caso di malasanità.
Viene definito, dalla giurisprudenza, come “l'ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato o anche nel patema d'animo o stato d'angoscia transeunte generato dall'illecito” (Cass. n. 10393/2002).
Il danno morale, a differenza del danno biologico psichico, non è passibile di valutazione medico-legale ma può essere provata dal soggetto che ne richiede il risarcimento, anche tramite presunzioni sulle presunte ripercussioni negative conseguenti alla prestazione sanitaria.
Si pensi, ad esempio, al paziente che giunge al Pronto Soccorso accusando forti dolori allo stomaco. Viene sottoposto a esami che, pur rilevando valori alterati, non vengono visionati da alcun medico specializzato con la conseguente dimissione del paziente.
La mattina del giorno successivo, a poche ore dalla dimissione, il paziente muore e dal riscontro autoptico emerge una diagnosi errata, e il mancato riconoscimento di un possibile infarto imminente. In questo caso l’errore medico oltre ad aver causato un danno alla salute del paziente e la sua morte, ha avuto un impatto anche sulla vita dei suoi familiari che, in seguito alla perdita, hanno subito un danno morale.
Il Danno esistenziale
Il danno esistenziale, consiste invece in una lesione che ha peggiorato o alterato la qualità della vita di un individuo sotto diversi aspetti, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute.
È definito anche come “il danno alle attività realizzatrici della persona umana” e si può manifestare anche nella rinuncia forzata a tutte le attività di intrattenimento e relazionali che realizzano la persona umana.
Tale danno, costituendo pur sempre un danno-conseguenza, deve essere specificamente provato ai fini risarcitori anche attraverso presunzioni, che il caso di malasanità ha generato un pregiudizio tale da indurlo ad alterare il proprio stile di vita, spingendolo a scelte diverse e peggiorative.
Un esempio è quello del paziente che in seguito alla somministrazione errata dei farmaci non può più praticare sport.
Negli anni, sono state individuate alcune figure di danno esistenziale:
-
il danno da gravidanza indesiderata (Trib Milano 20.10.1977; la sentenza non definitiva tale danno espressamente come esistenziale);
-
il danno richiesto dal figlio, ormai maggiorenne, al padre che per anni gli aveva negato il mantenimento (Cass. 7713/2000);
-
il danno da nascita indesiderata di figlio malforme (Cass. 14488/2004).
Chiarimento della Corte di Cassazione sul danno esistenziale
La definizione di danno esistenziale è stata oggetto di numerosi dibattiti.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con Sentenza n. 26972/2008, le SS. UU. in tema di danno esistenziale, hanno risolto il contrasto condividendo, come già anticipato, l'orientamento secondo il quale “il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate”.
Ne consegue che “non può farsi riferimento a una generica sottocategoria denominata «danno esistenziale», perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nella sfera dell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario, né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione.”
Non esiste quindi una autonoma categoria di danno esistenziale, in quanto il danno non patrimoniale è unico, e non è scomponibile in diverse sottocategorie.
Il risarcimento del Danno non patrimoniale
Partendo dalla sentenza sopra citata possiamo dire, come già anticipato, che esistono solo due categorie di danni, quello patrimoniale, previsto dall’articolo 2043, e quello non patrimoniale, previsto dal 2059.
Queste due macro-categorie includono al loro interno singoli diritti come il diritto alla salute, alla vita o alla riservatezza che sono costituzionalmente garantiti e dalla cui lesione deriva la possibilità di ottenere un risarcimento.
Come chiarito dalle Sezioni Unite, il risarcimento del danno non patrimoniale avviene nel caso di due ipotesi:
-
per espressa previsione della legge (art.2059);
-
in seguito alla violazione dei diritti costituzionalmente garantiti.
Per la quantificazione del danno non patrimoniale di lieve entità, i tribunali prendono in considerazione le cosiddette Tabelle del Tribunale di Milano, al fine di fornire criteri uniformi nelle liquidazioni.
Le liquidazioni devono:
-
essere integrali, rappresentando un’effettiva riparazione di tutte le utilità perdute dalla vittima, cercando, però, di evitare duplicazioni risarcitorie attraverso la liquidazione di più importi a titolo di risarcimento di pregiudizi nominalmente diversi, ma che sostanzialmente siano identici.
-
garantire uniformità di trattamento a parità delle conseguenze lesive;
-
dare rilievo alle peculiarità e alle caratteristiche del caso concreto, affinché siano adeguatamente valorizzate nella monetizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale.
Nel calcolo del danno non patrimoniale, l'importo del risarcimento può essere aumentato mediante la personalizzazione, in base all'intensità dell'impatto che l'evento ha avuto sulla qualità della vita della vittima.
Più l'evento ha causato sofferenza e ha influito negativamente sulla vita quotidiana, maggiore sarà la somma risarcitoria. Questo principio è stato affermato dalla Cassazione Civile, Sez. III, nella sentenza 5691/2016.