A causa del graduale aumento delle richieste di risarcimento ai danni degli amministratori delle società, la domanda di polizze D&O è in costante crescita in tutti i mercati, incluso il nostro.
La legge espone questi soggetti a contenziosi di vario genere, per i quali essi rischiano di essere personalmente oggetto di azioni legali.
La diligenza loro richiesta è infatti valutata dalla magistratura con una sempre maggiore severità: se dovessero venire meno al proprio dovere, con comportamenti illeciti, i manager possono essere illimitatamente e solidalmente responsabili e subire azioni che possono portare al sequestro conservativo del loro patrimonio personale.
In tale contesto, le aziende che desiderano avvalersi delle competenze di manager di successo devono essere in grado di offrire loro protezione e tutela adeguate. Non è esagerato affermare che, per molti di essi, l’esistenza di un’adeguata polizza D&O è divenuta requisito fondamentale per accettare di far parte di un consiglio di amministrazione.
La prima polizza D&O di cui si abbia memoria risale agli anni ’30 del secolo scorso. Essa fu introdotta in USA dai Lloyd’s di Londra, come risposta agli interventi del locale legislatore, che intendevano salvaguardare il corretto svolgimento delle operazioni finanziarie, all’interno dei mercati azionari.
Al loro interno, il “Securities Act del 1933” ed il successivo “Securities Exchange Act del 1934” erano stati infatti emanati per contrastare la diffusione di pratiche abusive e frodi, assicurando trasparenza nell’informazione e correttezza nello svolgimento delle operazioni finanziarie.
Ne derivò una maggiore attribuzione di responsabilità agli amministratori delle società quotate e la diffusione di questo prodotto assicurativo, che consentiva alle aziende di tutelarsi nei casi in cui la non corretta gestione da parte dei loro direttori avesse posto in pericolo la loro stessa esistenza, facendole incappare in gravi sanzioni o ingenti richieste di risarcimento da parte degli azionisti.
Negli anni ’70 questa polizza, divenuta un prodotto assai comune nel mercato statunitense, varcò l’oceano, diffondendosi anche in Europa e, già alle soglie del 2000, l’ammontare dei premi di questo settore aveva largamente superato il miliardo di dollari.
Le Polizze D&O appartengono alle cosiddette Financial Lines: coprono cioè esclusivamente danni di tipo economico o finanziario. Per tale ragione, i danni fisici alle persone (fatta eccezione per quelli assimilabili al mobbing, che costituiscono una specifica estensione di copertura) e quelli subiti dalle cose e animali sono espressamente esclusi dalla garanzia.
Si tratta di polizze che funzionano come un’assicurazione stipulata per conto altrui, perché il contraente è la società.
Gli assicurati sono invece tutti i membri - passati, presenti e futuri - dei seguenti organi eventualmente parte dell’azienda:
Nel nostro sistema giuridico, gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni:
Nel primo caso, essi rispondono dei danni subiti dall’azienda per cui lavorano, qualora non adempiano i doveri che vengono loro imposti dalla legge o dallo statuto della società stessa, con la normale diligenza richiesta dalla natura del loro incarico e dalle loro specifiche competenze.
A questo proposito, è opportuno sottolineare che gli amministratori non sono responsabili per i risultati negativi della gestione economica della società, a meno che questi non siano imputabili a difetto di normale diligenza nella loro condotta o all’adempimento degli specifici obblighi posti a loro carico nello statuto societario.
Una questione importante da rammentare consiste nel fatto che, se gli amministratori fossero più di uno, essi saranno responsabili solidalmente.
Ciò implica che ognuno di essi può essere costretto a risarcire l’intero danno subito: l’eventuale presenza di amministratori con funzioni delegate non comporta che gli uni siano esonerati dalla responsabilità solidale per i comportamenti degli altri.
Anche se l’attuale disciplina non pone a loro carico un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, infatti, la legge impone a tutti gli amministratori di agire in modo informato: è quindi previsto che essi siano solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di eventuali atti pregiudizievoli, non abbiano fatto quanto potevano per impedirne il compimento o le conseguenze dannose.
Analogamente, la responsabilità non si estende a quegli amministratori che, essendo immuni da colpe, abbiano fatto annotare il loro dissenso sul libro delle deliberazioni del consiglio, dandone comunicazione al presidente del collegio sindacale.
L’azione sociale prevista dall’art. 2392 del Codice mira a far valere la responsabilità degli amministratori per quelle violazioni dei loro doveri che abbiano cagionato un pregiudizio patrimoniale per la società e tende quindi alla reintegrazione del patrimonio sociale danneggiato. In pratica, essa costituisce uno strumento di conservazione e mantenimento della consistenza del patrimonio sociale e di controllo sul loro operato.
Dal momento che il rapporto tra gli amministratori e l’azienda è di natura contrattuale, per via dell’accordo che lega entrambi i soggetti, la fattispecie di responsabilità prevista dal codice è qualificabile come contrattuale. Ne consegue che la colpa degli amministratori si presume in forza del principio generale in tema di adempimento delle obbligazioni, normato all’articolo 1218 del Codice civile.
Questa caratteristica impone l’inversione dell’onere della prova, che grava sull’amministratore stesso: sarà lui a dover dimostrare che l’eventuale inadempimento sia derivato da questioni a lui non imputabili e fuori dal suo controllo.
L’azione sociale può essere esercitata dalla società solo dopo delibera assembleare, anche se è ammessa l'azione avviata da una minoranza qualificata dei membri dell’assemblea stessa.
La prescrizione è prevista in 5 anni dal momento in cui si è prodotto il danno lamentato e non dal compimento dell'atto dannoso.
Il termine di prescrizione, infine, decade qualora l’azione non venga proposta entro 5 anni dalla cessazione dalla carica dell’amministratore e per tale ragione le polizze di assicurazione D&O prevedono che la copertura venga prorogata per tale periodo, con apposita clausola di garanzia postuma quinquennale.
Gli amministratori sono responsabili anche verso i creditori sociali, ai sensi dell’art. 2394 c.c., ma solo per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
In pratica, l’azione contro di loro può essere proposta dai creditori della società solo quando il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
Un danno per i creditori, infatti, non sussiste fin quando il patrimonio sociale è capiente ed è questo il motivo per cui la sottoscrizione di queste polizze prevede uno scrutinio delle condizioni economiche della società proponente: finché l’azienda sarà in grado di coprire questi debiti, non vi sarà danno risarcibile.
L’azione prevista dall’art. 2394 può essere proposta dai singoli creditori sociali. In caso di fallimento della società, essa può essere proposta esclusivamente dal curatore della stessa, che è legittimato ad esercitare anche l’azione sociale di responsabilità.
Anche quest'azione si prescrive in 5 anni da quando è diventato insufficiente il patrimonio.
Le azioni di responsabilità della società e dei creditori sociali non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo, che fossero direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi commessi dagli amministratori, così come predisposto dall’art. 2395 del Codice civile.
Il singolo socio o il terzo, tuttavia, possono chiedere agli amministratori il risarcimento dei danni, solo nel caso in cui:
Lo stesso genere di danno, inoltre, può essere causato dagli amministratori che, dissimulando dolosamente lo stato di dissesto della società, inducano una banca o un’assicurazione a concedere un fido.
Altri esempi di danni che possono essere causati a singoli soci o a terzi comprendono eventuali atti illeciti commessi dagli amministratori stessi, i danni che dovessero dipendere da un’insufficiente rapporto di cambio (in caso di fusione), le inadempienze relative a contratti stipulati, la violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni dopo lo scioglimento della società, oppure la sottoscrizione di azioni o obbligazioni, sulla base di bilanci non veritieri.
La responsabilità che incombe sugli amministratori ex art. 2395 ha natura extracontrattuale, perché di tale genere è il rapporto che lega gli amministratori ai soggetti danneggiati. Ciò implica che l’onere della prova incomba sul danneggiato (e non sugli amministratori).
Il termine di prescrizione è di 5 anni dal compimento del fatto illecito, così com’è uso per questa fattispecie di responsabilità.
In caso di fallimento o liquidazione della società, agirà in questo senso il curatore o il commissario.
L’ultimo triennio è stato particolarmente complesso per il comparto D&O.
Innanzitutto, non siamo ancora riusciti a superare completamente la crisi generale causata dalla pandemia. Tale crisi ha avuto un certo impatto sulle condizioni normative, sui premi di polizza e sulla capacità messa a disposizione dagli assicuratori specializzati.
La situazione economica incerta è anche condizionata dall’evoluzione del conflitto in Ucraina e dalla crisi mediorientale, le cui conseguenze economico finanziare stanno avendo ripercussioni sul fenomeno inflazionistico.
Ciò comporta maggiori costi di gestione e modifiche sul piano normativo: pensiamo, ad esempio, alle limitazioni territoriali e all’inasprimento delle politiche in materia di sanzioni.
D’altro canto, gli elevati livelli d’inflazione a cui assistiamo sono tali da mettere in difficoltà finanziaria diverse aziende e portare ad un aumento del tasso di insolvenza, il che avrebbe un effetto sensibile sul costo dei sinistri.
La legge espone questi soggetti a contenziosi di vario genere, per i quali essi rischiano di essere personalmente oggetto di azioni legali.
La diligenza loro richiesta è infatti valutata dalla magistratura con una sempre maggiore severità: se dovessero venire meno al proprio dovere, con comportamenti illeciti, i manager possono essere illimitatamente e solidalmente responsabili e subire azioni che possono portare al sequestro conservativo del loro patrimonio personale.
In tale contesto, le aziende che desiderano avvalersi delle competenze di manager di successo devono essere in grado di offrire loro protezione e tutela adeguate. Non è esagerato affermare che, per molti di essi, l’esistenza di un’adeguata polizza D&O è divenuta requisito fondamentale per accettare di far parte di un consiglio di amministrazione.
Origine della polizza D&O
La prima polizza D&O di cui si abbia memoria risale agli anni ’30 del secolo scorso. Essa fu introdotta in USA dai Lloyd’s di Londra, come risposta agli interventi del locale legislatore, che intendevano salvaguardare il corretto svolgimento delle operazioni finanziarie, all’interno dei mercati azionari.
Al loro interno, il “Securities Act del 1933” ed il successivo “Securities Exchange Act del 1934” erano stati infatti emanati per contrastare la diffusione di pratiche abusive e frodi, assicurando trasparenza nell’informazione e correttezza nello svolgimento delle operazioni finanziarie.
Ne derivò una maggiore attribuzione di responsabilità agli amministratori delle società quotate e la diffusione di questo prodotto assicurativo, che consentiva alle aziende di tutelarsi nei casi in cui la non corretta gestione da parte dei loro direttori avesse posto in pericolo la loro stessa esistenza, facendole incappare in gravi sanzioni o ingenti richieste di risarcimento da parte degli azionisti.
Negli anni ’70 questa polizza, divenuta un prodotto assai comune nel mercato statunitense, varcò l’oceano, diffondendosi anche in Europa e, già alle soglie del 2000, l’ammontare dei premi di questo settore aveva largamente superato il miliardo di dollari.
Funzionamento delle polizze D&O (Director’s and Officers’ Liability)
Le Polizze D&O appartengono alle cosiddette Financial Lines: coprono cioè esclusivamente danni di tipo economico o finanziario. Per tale ragione, i danni fisici alle persone (fatta eccezione per quelli assimilabili al mobbing, che costituiscono una specifica estensione di copertura) e quelli subiti dalle cose e animali sono espressamente esclusi dalla garanzia.
Si tratta di polizze che funzionano come un’assicurazione stipulata per conto altrui, perché il contraente è la società.
Gli assicurati sono invece tutti i membri - passati, presenti e futuri - dei seguenti organi eventualmente parte dell’azienda:
- Consiglio d’Amministrazione,
- Collegio sindacale,
- Consiglio di Gestione,
- Consiglio di Sorveglianza,
- Comitato di controllo della gestione,
- Organo di Vigilanza ex legge 231/2001,
- Dirigenti e Preposti
- Amministratori di fatto della società capogruppo e delle controllate
Nel nostro sistema giuridico, gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni:
- verso la società (ex artt. 2392-2393 del Codice civile),
- verso i creditori sociali (ex art. 2394 c.c.),
- verso i singoli soci o terzi (art. 2395 c.c.).
Responsabilità verso la società
Nel primo caso, essi rispondono dei danni subiti dall’azienda per cui lavorano, qualora non adempiano i doveri che vengono loro imposti dalla legge o dallo statuto della società stessa, con la normale diligenza richiesta dalla natura del loro incarico e dalle loro specifiche competenze.
A questo proposito, è opportuno sottolineare che gli amministratori non sono responsabili per i risultati negativi della gestione economica della società, a meno che questi non siano imputabili a difetto di normale diligenza nella loro condotta o all’adempimento degli specifici obblighi posti a loro carico nello statuto societario.
Una questione importante da rammentare consiste nel fatto che, se gli amministratori fossero più di uno, essi saranno responsabili solidalmente.
Ciò implica che ognuno di essi può essere costretto a risarcire l’intero danno subito: l’eventuale presenza di amministratori con funzioni delegate non comporta che gli uni siano esonerati dalla responsabilità solidale per i comportamenti degli altri.
Anche se l’attuale disciplina non pone a loro carico un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, infatti, la legge impone a tutti gli amministratori di agire in modo informato: è quindi previsto che essi siano solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di eventuali atti pregiudizievoli, non abbiano fatto quanto potevano per impedirne il compimento o le conseguenze dannose.
Analogamente, la responsabilità non si estende a quegli amministratori che, essendo immuni da colpe, abbiano fatto annotare il loro dissenso sul libro delle deliberazioni del consiglio, dandone comunicazione al presidente del collegio sindacale.
L’azione sociale prevista dall’art. 2392 del Codice mira a far valere la responsabilità degli amministratori per quelle violazioni dei loro doveri che abbiano cagionato un pregiudizio patrimoniale per la società e tende quindi alla reintegrazione del patrimonio sociale danneggiato. In pratica, essa costituisce uno strumento di conservazione e mantenimento della consistenza del patrimonio sociale e di controllo sul loro operato.
Dal momento che il rapporto tra gli amministratori e l’azienda è di natura contrattuale, per via dell’accordo che lega entrambi i soggetti, la fattispecie di responsabilità prevista dal codice è qualificabile come contrattuale. Ne consegue che la colpa degli amministratori si presume in forza del principio generale in tema di adempimento delle obbligazioni, normato all’articolo 1218 del Codice civile.
Questa caratteristica impone l’inversione dell’onere della prova, che grava sull’amministratore stesso: sarà lui a dover dimostrare che l’eventuale inadempimento sia derivato da questioni a lui non imputabili e fuori dal suo controllo.
L’azione sociale può essere esercitata dalla società solo dopo delibera assembleare, anche se è ammessa l'azione avviata da una minoranza qualificata dei membri dell’assemblea stessa.
La prescrizione è prevista in 5 anni dal momento in cui si è prodotto il danno lamentato e non dal compimento dell'atto dannoso.
Il termine di prescrizione, infine, decade qualora l’azione non venga proposta entro 5 anni dalla cessazione dalla carica dell’amministratore e per tale ragione le polizze di assicurazione D&O prevedono che la copertura venga prorogata per tale periodo, con apposita clausola di garanzia postuma quinquennale.
Responsabilità verso i creditori sociali
Gli amministratori sono responsabili anche verso i creditori sociali, ai sensi dell’art. 2394 c.c., ma solo per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
In pratica, l’azione contro di loro può essere proposta dai creditori della società solo quando il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
Un danno per i creditori, infatti, non sussiste fin quando il patrimonio sociale è capiente ed è questo il motivo per cui la sottoscrizione di queste polizze prevede uno scrutinio delle condizioni economiche della società proponente: finché l’azienda sarà in grado di coprire questi debiti, non vi sarà danno risarcibile.
L’azione prevista dall’art. 2394 può essere proposta dai singoli creditori sociali. In caso di fallimento della società, essa può essere proposta esclusivamente dal curatore della stessa, che è legittimato ad esercitare anche l’azione sociale di responsabilità.
Anche quest'azione si prescrive in 5 anni da quando è diventato insufficiente il patrimonio.
Responsabilità verso il singolo socio o terzo
Le azioni di responsabilità della società e dei creditori sociali non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo, che fossero direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi commessi dagli amministratori, così come predisposto dall’art. 2395 del Codice civile.
Il singolo socio o il terzo, tuttavia, possono chiedere agli amministratori il risarcimento dei danni, solo nel caso in cui:
- venga compiuto da parte loro un atto illecito nell’esercizio del loro ufficio;
- venga prodotto un danno diretto al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo.
Lo stesso genere di danno, inoltre, può essere causato dagli amministratori che, dissimulando dolosamente lo stato di dissesto della società, inducano una banca o un’assicurazione a concedere un fido.
Altri esempi di danni che possono essere causati a singoli soci o a terzi comprendono eventuali atti illeciti commessi dagli amministratori stessi, i danni che dovessero dipendere da un’insufficiente rapporto di cambio (in caso di fusione), le inadempienze relative a contratti stipulati, la violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni dopo lo scioglimento della società, oppure la sottoscrizione di azioni o obbligazioni, sulla base di bilanci non veritieri.
La responsabilità che incombe sugli amministratori ex art. 2395 ha natura extracontrattuale, perché di tale genere è il rapporto che lega gli amministratori ai soggetti danneggiati. Ciò implica che l’onere della prova incomba sul danneggiato (e non sugli amministratori).
Il termine di prescrizione è di 5 anni dal compimento del fatto illecito, così com’è uso per questa fattispecie di responsabilità.
In caso di fallimento o liquidazione della società, agirà in questo senso il curatore o il commissario.
Lo stato del mercato e le problematiche che riguardano la valutazione di queste polizze
L’ultimo triennio è stato particolarmente complesso per il comparto D&O.
Innanzitutto, non siamo ancora riusciti a superare completamente la crisi generale causata dalla pandemia. Tale crisi ha avuto un certo impatto sulle condizioni normative, sui premi di polizza e sulla capacità messa a disposizione dagli assicuratori specializzati.
La situazione economica incerta è anche condizionata dall’evoluzione del conflitto in Ucraina e dalla crisi mediorientale, le cui conseguenze economico finanziare stanno avendo ripercussioni sul fenomeno inflazionistico.
Ciò comporta maggiori costi di gestione e modifiche sul piano normativo: pensiamo, ad esempio, alle limitazioni territoriali e all’inasprimento delle politiche in materia di sanzioni.
D’altro canto, gli elevati livelli d’inflazione a cui assistiamo sono tali da mettere in difficoltà finanziaria diverse aziende e portare ad un aumento del tasso di insolvenza, il che avrebbe un effetto sensibile sul costo dei sinistri.